MANUALE  DI  MODELLISMO  PRATICO

(Quinta Parte) 
 
Come realizzare e migliorare i modelli in scala 1/35
della Seconda Guerra Mondiale

 

di  Andrea e Antonio  TALLILLO

 

L'ambientazione

 

Anche il modello ottimamente costruito e dalla colorazione più corretta non è completamente realistico se non gli si sa dare più vita con una convincente ambientazione. Da parte di alcuni modellisti essa è considerata una parente povera di tutto il nostro impegnarsi, ma non conviene mai, dopo aver faticato molto attorno al nostro mezzo – ruotato o cingolato che sia – lasciarlo così "nudo", ma deporlo almeno nel modo più semplice, sistemandolo su di una base di dimensioni un pò più grandi di quelle del mezzo stesso, riproducendo con le varie tecniche che illustreremo i vari tipi di terreno possibili, secondo la collocazione storica e temporale del soggetto. Si potrà andare, secondo i casi, dalla fabbrica od alla piazza d’armi, alla strada di campagna o campo arato, alle strade lastricate di città, dal terreno normalmente solido a quello ridotto ad un mare di fango, per non parlare degli estremi costituiti dal deserto o dalle steppe innevate. L’ambientazione obbedisce comunque ad alcune regole per così dire scenografiche e richiede altrettanta cura del modello che metterà in risalto, questo senza naturalmente risultare troppo interessante rispetto ad esso, svalutandolo e mettendolo in secondo piano. Anche la vegetazione farà da valido supporto scenico, basta poco, come un semplice albero, alcuni cespugli od arbusti, potranno essere impiegati sia per meglio inquadrare il modello che per equilibrare la scena o persino per nascondere alcuni piccoli errori. Prima di optare per un semplice terreno o per la presenza di edifici, si deve sempre tenere presente che per avere più spicco un volume, anche poco pronunciato, come un masso, un muretto od un leggero crinale, è quasi sempre preferibile ad un terreno troppo piatto, che darà quasi sempre l’impressione di essere stato completato con attenzione minore. Non è neanche questione di dimensioni, a meno che non si voglia deliberatamente dare l’impressione della vastità o desolazione di un certo tipo di terreno. E’ vero che nell’epoca pionieristica degli anni ’70 s’adoperava quel che passava il convento ovvero cartapesta, colla di pesce, legno in quantità, erba ottenuta con segatura colorata e così via, mentre oggi l’artigianato  dilettantistico è rimpiazzato da prodotti quasi miracolosi, ma essi non potranno mai sostituire ingegno ed estro, scienza del recupero e fantasia. Cerchiamo di osservare, in qualche passeggiata fuori porta, con occhio "modellistico" il terreno che ci circonda, immaginando quali operazioni compiere per riprodurlo come ambientazione per i nostri modelli. Certi semplici concetti ci saranno più chiari ed i buoni risultati non si faranno attendere.

                                                                                                                                        Gli Autori

  

1 – I terreni  

Per il suolo, secondo i vari tipi, un pò di riflessione preventiva ci farà orientare meglio nella scelta dei materiali, perché secondo il terreno da riprodurre struttura e peso dei prodotti potranno essere abbastanza diversi. Con un minimo di gusto e creatività, anche un terreno "semplice" renderà più importante il nostro modello, facendolo uscire dal suo status di semplice riproduzione.

Il modo più semplice per avere una stabile e duratura ambientazione è usare una base, ovvero una cornice da quadretto o portafoto, ritagliando il piano di appoggio interno da compensato o dal più rigido truciolato e sigillando gli angoli con colla vinilica. Li si taglia con un semplice seghetto, pareggiando poi i bordi con una lima o con carta abrasiva a granatura grossa. Se necessario, irruvidiremo la superficie della tavoletta di legno per aiutare altri materiali ad aderire ma evitando di usare supporti troppo pesanti per eventuali altri elementi. Si dovranno creare dei contorni sagomando semplicemente del materiale malleabile direttamente su di essa, ed è importante aggiungere gli elementi più grandi mentre il terreno è ancora molle, spingendoli dentro e magari fermandoli prima con un pò di colla o con perni mentre quelli più piccoli si potranno posizionare in seguito, su di un ultimo strato. Una base circolare interamente in legno sarebbe ancora più usufruibile, perché il modello sarà così visibile un pò da tutti i lati, senza un punto di vista troppo particolare e resterà lo spazio anche per aggiungere ulteriori dettagli. Lo svantaggio sarà però quello di dover scavare perlomeno un primo strato in modo che il materiale che useremo per il terreno possa aderire meglio e la quasi obbligatorietà di perni per gli elementi più grandi. In entrambi i casi di forma, ancora prima d’iniziare decideremo l’ordine in base al quale riempiremo la scena; è consigliabile provare varie posizioni sulla base prima d’incollare in via definitiva il modello. Se esso fosse da disporre su di un terreno molto accidentato, avremo buoni risultati agendo in contemporanea, anche perché cingoli o ruote poggeranno realisticamente.

Il terreno più banale può essere realizzato spalmando sulla superficie gesso misto ad acqua, del tipo già pronto in confezione, usando spatoline di varia forma e dimensioni varie. Non avremo particolari difficoltà se effettueremo l’operazione in fasi successive e facendo essiccare bene – da 4 a 6 ore – il gesso posto sulla base, nella quale per eliminare un aspetto troppo liscio ed uniforme potremo inserire all’occorrenza gli elementi più indicati per rendere la superficie che appaia naturale, come piccolissimi sassi e pietrisco ovvero materiale ferrmodellistico come il pietrisco sottile, lettiera per gatti o meglio ancora materiale naturale come rametti e muschio. Tutti questi "ingredienti" li conserveremo in contenitori di vetro, per usarli a spizzichi. Piccole alture potremo costruirle sovrapponendo strati di polistirolo, segati e sagomati rozzamente col seghetto da traforo, il cui filo è da  arroventarsi per evitare lo sminuzzamento e la nascita di filature, strati da incollare sia alla base che tra loro, a colla asciutta – consigliabile la bicomponente od il cianoacrilato, sagomeremo gli spigoli con una lima a grana grossa o con un utensile appuntito, per finire il tutto va rivestito con stucco o gesso. Secondo l’inclinazione si potrà ottenere una angolatura più alta, ma attenzione che il lato più diverrà lungo più resterà fragile lungo il bordo. I lati più alti che sporgono si tingono con un colore che resti nella gamma di quelli non vistosi, un bel grigio medio sarà ottimale. Per evitare che la superficie resti troppo liscia, si potrà punteggiarla con un vecchio pennello, ottenendo una rugosità molto adatta. Si può anche cospargerla di terra fine, prima dell’essiccazione, eliminando la terra in eccesso dopo 24 ore rovesciando semplicemente la base; l’operazione è ripetibile se il materiale non avesse coperto uniformemente il gesso o lo stucco. Il polistirolo è consigliabile non solo perché si taglia con facilità ed è molto conformabile ai contorni che ci servono, ma anche per la sua leggerezza, che non appesantirà nessuna base, unica cura non metterlo a contatto con prodotti a base di tricoloro, che lo farebbero letteralmente sciogliere. L’alterazione della superficie può essere tuttavia un vantaggio, se si ha bisogno di sagomare morbidamente alcune zone, una prova su piccoli pezzi ci darà l’idea di quel che potremo realizzare.

Per un terreno abbastanza liscio la preparazione si può ottenere con del materiale tipo Das Pronto, economico e di facile reperibilità, lavorabile in tanti modi e verniciabile in altrettanti, sul quale si disseminano piccoli ciottoli, pressati contro la pasta quando è ancora fresca. Una volta asciutto il primo strato, applicheremo colla vinilica molto diluita, evitando con cura di ricoprire le pietruzze già disposte e spargeremo della terra colorata molto fine, verniciando poi con una mano di marrone medio a smalto, molto diluito.  E’ in auge anche la pasta di legno, per la sua economicità e leggerezza, nonché adattabilità ai vari tipi possibili di preparazione. Si mescola per metà con acqua e metà con colla vinilica, sino ad avere una consistenza cremosa. Sparsa in uno strato sottile ed uniforme, in genere aderisce bene e diventa poi una crosta abbastanza dura, ben lavorabile e verniciabile in quanto porosa; lo si può fare già in sede d’impasto aggiungendo degli smalti, sembra che questo aiuti l’essiccazione. L’esempio tipico di terreno ben definito è il campo coltivato, separato da siepi, magari con andamento un pò in salita e confini leggermente obliqui rispetto ai bordi della base, creando angolazioni più interessanti e visibilità anche per gli elementi in seconda linea. Dopo aver realizzato i volumi di base con un pò di stucco, ed aver tracciato i solchi col manico di un vecchio pennello trascinato sullo stucco ancora umido, copriremo con terra fine incollata direttamente con il Vinavil, le parti più in rilievo richiederanno alcuni passaggi di colore in diversi toni di marrone qua e la e schiarendo i solchi sulle loro sommità con piccole quantità di Terra di Siena e Bianco.

Altrettanto diffuso, nelle nostre ambientazioni, è il terreno fangoso, specie sul fronte orientale dov’esso regnava sovrano per diverse settimane dell’anno. Una zona fangosa è riproducibile spargendo abbondantemente gesso liquido o pasta sulla base, senza altri trattamenti per conservare un aspetto finale più "morbido". E’ ovvio che la colorazione successiva verterà su toni un pò scuri, specie in aree più umide, ma si potrà colorare preventivamente l’impasto con del Terra di Siena bruciata ed un pò di nero, oppure si può partire da una base di marrone chiaro rossiccio, con lavaggi in Terra d’Ombra naturale, marrone scuro ed un pò di nero, molto diluiti. In pratica, deve risultarne un liquido dall’aspetto sporco, che renderà più smorto il terreno. Eventuali zone di fango semi-liquido verranno simulate tingendole con vernici trasparenti opache, sfumando ai bordi. Si suppone che ovunque ci sia il fango possano esserci tracce di soldati o di mezzi a motore che vi sono passati attraverso. Il fango asciutto invece si realizza aggiungendo all’impasto della terra di colorificio, che con l’asciugatura è facile formi piccole crepe, con un buon realismo.   

Ogni tipo di terreno è verniciabile con i diversi tipi di colori usabili per i modelli, dipende da quale tecnica stiamo padroneggiando con essi. Uno degli errori più frequenti è usare ben pochi colori mentre anche colori come il marrone ed il grigio hanno ricchezza di toni. Gli smalti, anche se più lenti ad essiccarsi, marrone scuro, blu, grigio chiaro aggiunti a giallo chiaro e marrone, oppure una classica combinazione di marrone medio, verde ed un po’ di nero, ben mescolati per ottenere un alto grado della loro naturale opacità, permettono di ottenere toni sfumati anche con un successivo drybrushing in marrone dorato, verde oliva ed ocra, poco marcato, che comunque accentuerà asperità e dettagli, le ombreggiature vanno fatte con marrone più blu e le zone più rientrate sottoposte a duna velatura verde-oliva e marrone, le lumeggiature con ocra od ocra e bianco. Se adopreremo gli acrilici, è convincente una miscela di marrone medio e nero, in graduazione giallo scuro al chiaro e quindi, a drybrushing, aggiungeremo marrone chiaro, ocra e bianco avorio. Possiamo fare un abbozzo con colore più diluito che ci darà il tono generale, prima di passare alla verniciatura definitiva, coloreremo similmente la colla vinilica per l’erba. Pure se il colore di base sembrerà uniforme, in realtà sarà composto almeno da  tre diversi toni, la terra appena rivoltata è più scura e s’ottiene con velature di nero e marrone scuro, mentre un sentiero in terra battuta apparirà più luminoso e perciò va schiarito con un drybrushing giallo sabbia. Per la tempera fine o gli acrilici, partiremo con tonalità leggere come il color terra misto a giallo vivo, quindi passiamo in qualche punto con del colore più scuro, ma sempre su tonalità marrone; qualche sapiente colpo di pennello simulerà bene le diverse sfumature del terreno, che non ha mai una tonalità uniforme al 100 %. Per lo stesso motivo, si potrà invece applicare una prima mano di marrone scuro, alla quale seguiranno progressivamente altri passaggi di colore chiaro, per terminare col classico tocco di bianco sui sassi più grandi.  Un maggiore grado di realismo lo otterremo usando colori ad olio, che stesi a piccole zone si fonderanno tra loro dando  vita alle più convincenti sfumature. Vanno privilegiati i toni più naturali che esistono, daremo una mano di fondo Terra d’ombra naturale, Terra d’ombra bruciata e verde, fuse con Ocra e Giallo di Napoli, con del Grigio di Payne per le ombreggiature, ancora prima di sistemare erba e cespugli. Almeno un lato della superficie andrà colorata in un modo differente, la parte ricoperta da denso fogliame va colorata con verde oliva, marrone e verde chiaro, con zone schiarite con bianco e giallo. Le parti di terreno più spoglie avranno toni più caldi, marrone con vaghe sfumature verde oliva che facciano credere ad una prima crescita d’erba: a colore quasi asciutto schiariremo con dei tocchi di bianco. Alcune pennellate di vernice più brillante, su alcune zone particolari, serviranno a dare l’idea che il suolo sia umido, cioè fangoso. Un campo arato va dipinto dandogli varie tonalità, schiarendo alcuni solchi e facendo risaltare l’erba ai margini con del giallo e del verde. Ci potranno essere utili anche le terre di colorificio o le polveri già vendute in confezione, disponibili entrambe in più gradazioni. Qualsiasi sia il tipo di colore che sceglieremo, sarà sempre praticissimo metterne in piccole quantità su di un piattino o tavolozza, mai pescarlo direttamente dal barattolo o dal tubetto. Sulla carta, la migliore tecnica di pittura per i terreni è la combinazione pennello-aerografo, applicando un marrone medio a pennello, scurito in alcune zone come le parti in rilievo. L’aeropenna permetterebbe tantissime sfumature con una vasta gamma di marroni, combinando sottilmente i toni, ma se non saremo capaci di schiarire e cambiare i colori con una realistica progressione, più che dare evidenza alle forme mettendo allo scoperto il lavoro precedente otterremo solo un monotono drybrushing, ben poco realistico.    

I terreni sassosi e rocciosi potrebbero sembrare più semplici nella loro realizzazione, ma anche per essi bisogna procedere con metodo. Un terreno ghiaioso va riprodotto con una mano di Vinavil, sulla quale poseremo a manciate quella lettiera per gatti venduta già pronta, quest’assieme di granelli ai quali potremo aggiungere del nostro, sottoforma di terre colorate, sabbia fine e piccolissimi sassi, disseminati sulle superfici variando le loro disposizioni e dimensioni. Per esempio due sassi piccoli ed uno più grande hanno più effetto sull’osservatore di tre sassi proprio simili.  Su questo tipo di superficie le tracce saranno molto meno marcate, sino a ridursi a poco più di semplici solchi. Per le rocce, si possono triturare dei blocchetti di gesso abbastanza piccoli o meno, secondo le necessità oppure, se ci servono superfici più ampie, potremo usare del sughero – con prudenza, non essendo compatibile con una resa molto realistica se non per certi teatri operativi che presentino larghi strati in affioramento o pezzetti di roccia vera, per i massi solitari. Il sughero, in lastre o trucioli, si presta per la realizzazione di una serie di rocce come quelle scolpite dal vento e dalla sabbia. E’ un materiale morbido, ma anche abbastanza solido, lavorabile ed incollabile, basta tagliare i diversi pezzi, cercando che siano irregolari e con un leggero smusso, per la sua forma stratificata basterà un colpo di martelletto ai bordi per renderli irregolari, oppure se del caso due lame, una sottile ed una smussata ed arrotondata, per realizzare con esse tratti orizzontali e verticali, larghi  e stretti, corti o lunghi, creando piccole fessure e creando una sensazione di maggiore complessità alle rocce. Tra le spaccature delle rocce più grandi vanno infilati pezzettini di cespuglio, contribuirà molto al realismo finale dell’assieme di rocce. I volumi generali si costruiscono incollando vari strati ed aggiungendo degli strati di stucco o Das bianco per circa 5-6 mm di spessore, che raccorderà bene le varie parti e forme rendendole coerenti. Lo si tratta con un vecchio pennello a peli tagliati, esercitando una certa pressione per ottenere una superficie più rugosa e piena di piccole cavità, lisceremo l’assieme con un vecchio pennello morbido inumidito, per eliminare alcune sporgenze se troppo evidenti. Per i massi solitari, scegliendo tipi di rocce tenere come per esempio il tufo, creeremo l’effetto voluto senza troppi sforzi, sistemandoli dentro uno strato di stucco, fissando i pezzi con colla bicomponente o con perni metallici. E’ importante disporre di una discreta quantità di pietruzze raccolte in campagna od in montagna, che per la loro forma e tipologia ci siano utili, preferibilmente che siano argillose o calcaree. La loro sistemazione sul terreno si deve fare in posizioni diverse, per ottenere così maggiore realismo, basterà spianare il più possibile la loro base, per ottenere una migliore unione col terreno e poter usare bene l’adesivo universale. Si rifinirà fra le une e le altre e girando per i loro contorni con un po’ di stucco o gesso, unificando logicamente la sua superficie grazie ad un pennello a setole dure.

Per spezzare la monotonia di un colore troppo uniforme e nel contempo rendere l’idea dell’effetto delle intemperie, faremo risaltare le rocce verniciandole. Anche qui non esistono regole matematiche, anche se il colore dominante può essere il grigio e perciò opereremo in progressione, variando leggermente man mano che le completeremo. Si può usare una miscela di blu e nero, schiarita con un drybrushing di grigio, ocra ed un po’ di bianco od in alternativa si partirà da un grigio, schiarito con un drybrushing con un ocra ed azzurro chiaro, per finire stenderemo una velatura con del nero molto diluito. Un terzo sistema prevede una base grigio scuro, schiarita poi con una miscela di marrone scuro e marrone più caldo, schiarita con drybrushing in marrone chiaro e bianco. Restando solo sui toni del grigio, si può risolvere con il grigio scuro schiarito con differenti gradazioni di grigio, tendendo al sempre più chiaro. Per il muschio, anche se in scala probabilmente non lo si noterebbe, non sbaglieremo applicando delle piccolissime quantità di stucco qua e la, picchiettandolo con un vecchio pennello a setole dure. Una volta essiccate, dipingeremo queste zone con due verdi, prima uno scuro e poi uno verde-giallastro applicato a pennello secco, quest’ultimo applicato verso il centro più chiaro. Anche questo, senza tralasciare sporco e logorio dell’intemperie, contribuirà a rendere le parti più esposte diverse da quelle più interne e riparate.

Al contrario di quel che si può pensare, tra i terreni aridi, il più diffuso è senz’altro il deserto pietroso. S’ottiene anche stavolta usando una miscela di terre colorate e vinavil, mescolate sino a farne una pasta morbida da stendere sulla base. Prima che asciughi, aggiungeremo più dimensionalità con del minuto pietrisco e terriccio di colore idoneo. L’inserimento di certi tipi di rocce sarebbe consigliabile, ma essendoci limiti di dimensioni e peso si può ripiegare su parte di esse, spezzandole con l’aiuto di un martello e contenendole in uno straccio che servirà a non perdere i frammenti, molto utili in ogni parte della base. Il deserto sabbioso è ancora più semplice, basta spalmare Das o pasta similare sulla base, modellandola con rilievi appena percettibili e morbidi, durante la lavorazione teniamo il Das costantemente inumidito, per poterlo modificare velocemente. Dopo un paio di giorni la base è pronta per essere colorata, le tonalità possono variare, secondo i tipi, dal giallastro al rossiccio. Si è portati a credere che la sabbia sia più o meno gialla, la realtà è molto più fantastica e la gamma infinita. Useremo toni di bianco, Terra di Siena bruciata, Terra d’ombra e giallo chiaro con un largo pennello, lasceremo che i colori si mescolino fino ad avere l’aspetto più realistico. Passeremo i contorni col marrone chiaro, il giallo chiaro ed il giallo chiaro con aggiunto un po’ di bianco, per dare l’effetto della molta luce che delle zone d’ombra sotto le rocce ed attorno agli elementi verticali. Si può ricavare della sabbia sufficientemente realistica da polveri, mescolate a sabbia naturale finissima. La fisseremo alla base spargendone uno strato su di un letto di colla vinilica, formando un bordo soffice, naturale. Se metteremo un po’ troppa colla, niente paura, asciugandosi essa formerà una pellicola superficiale, che col peso della sabbia formerà realistici avvallamenti, effetto molto interessante e ricercabile attorno ad oggetti e rocce, i contorni si potranno poi evidenziare con la verniciatura. Attenzione a posizionare cumuli di sabbia sullo stesso lato di rocce, piante od altri elementi verticali, daremo così l’impressione del soffiare del vento. Il trattamento può essere ripetuto più volte, fino ad ottenere un cumulo abbastanza alto, anche magari sottoforma di piccola duna.

Sin qui, è vero che i corazzati e blindati possono essere ambientati meglio nell’elemento per il quale sono stati creati, il cosiddetto terreno vario, s’intende una base con pochi rilievi a meno che non si voglia rappresentare un mezzo in salita o discesa, situazione più interessante e possibile vista la diffusione di sospensioni dettagliate e cingoli maglia per maglia, ma più senz’altro più laboriosa. . Ma in molte circostanze, un loro proficuo impiego è stato fatto anche in ambiente urbano e negli spazi addestrativi come le caserme e le piazze d’armi. Le pavimentazioni, come il selciato di ciottoli, sono essenziali per ricostruzioni datate prima del conflitto mondiale, specie l’acciottolato è un tipico aspetto delle città prima della relativamente recente colata di asfalto. In molti casi è possibile trovarlo già pronto, stampato a rilievo su carta, vacuform, in gesso o resina, per un realismo maggiore taglieremo il prodotto ad angolo, cercando di corredarlo di altri elementi, in modo da non farlo sembrare troppo monotono. Una strada o zona asfaltata necessita, come prima cosa, di una base abbastanza piatta, se essa è corta non è necessario bombarla per niente. Coloreremo direttamente la superficie, applicando poi eventuali strisce o scritte, con del colore ad olio ombreggeremo le cunette e schiariremo una stretta parte centrale, il tocco finale è macchiare qua e là con acquaragia sporca, suggerendo così macchie da perdite olio o carburante. Ai margini della stradea, spargeremo sabbia o pezzetti di rocce, fissando con colla vinilica. Una strada in cemento è ben riproducibile con un foglio di carta abrasiva molto fine, segnata con grandi riquadri per creare l’effetto delle giunture dei vari pezzi e poi verniciata con colori adatti.  

Nei vari teatri operativi della Seconda Guerra Mondiale, ma con prevalenza in Europa, un mezzo militare di qualsiasi tipo poteva imbattersi in una qualsiasi parte di una più o meno ricca rete ferroviaria, senza metterci all’opera a realizzare chilometri di binari, basterà per dare l’idea una tranche di traversine  e binari, che attraversino come si suole dire la base sulla quale ambienteremo il nostro modello. Pezzi di binari si possono ricavare dal mondo del ferrmodellismo, altri sono già disponibili in resina o plastica, come kits a parte compresi di massicciata. C’è solo da tenere presente la differenza degli scartamenti  ferroviari, che per lungo tempo in Europa e Cina prevedevano 1.435 mm, ridotti ad 1 metro in Birmania e India ed aumentati a 1.524 mm nella URSS ed in Finlandia. Rotaie e massicciata vanno verniciate in grigio, lasciando che i bordi di quest’ultima si fondano col terreno, poi schiariremo i fianchi, simuleremo la ruggine dei fianchi dei binari con leggeri lavaggi di Terra di Siena od arancio, per finire daremo un po’ di marrone sull’estremità di alcune traversine ed altre invece, le più vecchie, le schiariremo. La parte superiore delle rotaie va resa in un tono di ferro lucido per il continuo sfregamento, i veri tocchi finali saranno però alcune colorazioni variate sulle pietre della massicciata ed alcune macchie grigio scuro, fra i binari, a simulare macchie d’olio. Se l’ambientazione è europea, non mancheranno alcune strisce o chiazze di creolina o calce ad uso disinfettante, riproducibili con talco sparso su piccole zone di colla vinilica applicata preventivamente.   

Fin qui, ultimato il terreno, basterà incollare il modello ad esso con un adesivo del tipo universale in alcuni punti di contatto, stando attenti che la colla non imbratti né il modello ormai fissato alla base né la zona circostante. Se accadesse, visto che dovremo comunque badare a che non siano presenti dei vuoti tra i cingoli e le superfici, eventuali ‘sbavature’ saranno facilmente ritoccabili. Nel caso di blindati o ruotati, bisognerà appiattire i pneumatici  leggermente nella parte a contatto con la base con della carta vetrata, per dare l’idea della pressione esercitata sul terreno e dello schiacciamento del pneumatico stesso. Ovviamente, bisognerà anche rendere l’idea della pressione specifica, a volte non indifferente, della quale specie i carri armati lasciano il segno su dove passano. E’ buona regola, mentre l’impasto per il nostro terreno è ancora non perfettamente asciutto, premere con un pezzo di cingolo od una ruota infilata in uno stecchino, in corrispondenza della parte posteriore della zona dove provvederemo a disporre il mezzo. Se il terreno è erboso, per le tracce si ricorre ad un bastoncino con base piatta, largo quasi come il cingolo o la ruota, fatto scorrere sulla superficie in modo che l’erba resti schiacciata, la terra smossa è riproducibile applicando vinavil e spolverandolo con terra di colorificio di tonalità abbastanza scura. Per terreni fangosi od innevati, si appoggia un pezzo di cingolo uguale a quello del modello sul nostro terreno umido e si è già fatto quasi tutto quel che serve. Attenzione a calcolare bene profondità e distanza delle tracce, saranno utili delle prove fatte su di una porzione di terreno preparata allo scopo nell’angolo più nascosto della base, eviteremo di avere poi tracce poco realistiche e di doverle cancellare con fatica. .      

 

2 – La vegetazione 

Ci sono pochi terreni, a parte quelli desertici, dove non ci siano fili d’erba, ma anche pochi con erba fitta e regolare, tipo il prato all’inglese. Un semplicissimo terreno erboso può essere ricavato da fogli già pronti, quelli da ferrmodellismo, tagliati nelle dimensioni che ci servono, ma restano poco realistici se non aggiungeremo alcuni piccoli elementi come sassi o ciuffi d’erba più alta. Un terreno erboso più verosimile lo avremo applicando vinavil ed acqua nelle zone nelle quali si vuole far aderire l’erba, che è quella sintetica da ferrmodellismo, disponibile in tonalità che vanno dal verde molto chiaro al marrone rossiccio. E’ opportuno mescolare almeno due tonalità come verde chiaro e marrone chiaro e, a piccole dosi, altre di verde, ed aggiungere anche steli più alti ogni tanto. Con la miscela si cosparge in abbondanza la base, preventivamente colorata in modo che s’intravedano delle zone del materiale usato per il terreno e cosparsa di colla vinilica. Dopo qualche minuto la si  capovolge per togliere l’eccesso ed avere un generale raddrizzamento dei singoli fili. Con nuovi pizzichi di miscela d’erba e con l’eccesso recuperato si ripete l’operazione, fino a  coprire sufficientemente bene la superficie. I migliori risultati s’ottengono disponendo l’erba più alta centralmente, circondata da quella più corta in modo che si creino macchie irregolari. Si potranno spolverare con terriccio o terre colorate alcune zone laterali della base, ed aggiungere foglie d’asparago sciolte e timo triturato, incollate con colla vinilica, questo per togliere un po’ della banale uniformità al manto erboso. Coloreremo con del verde scuro e poi con del verde chiaro e del marrone, schiarendo qua e là con tocchi di bianco e giallo, ma punteggiandoli per evitare di asportare l’erba, per ultimo a drybrushing un tono verde pallido, sempre evitando le tinte troppo sgargianti. Se si tratta di erba secca giallastra, la si può ripassare a drybrushing con acrilici sui toni del marrone giallastro e del bianco. Un campo di grano maturo, o d’erba alta tipica delle steppe, si può realizzare con setole di pennello (la parte alta, più aperta) o con fili sintetici già confezionati – materiale da  ferrmodellismo, disponibile in varie colorazioni anche se è il verde pallido giallastro il più indicato, sparsi a ciuffi sul terreno. Dopo averne preparati di varie altezze e più o meno folti, li fisseremo alla base con del cianoacrilato in fori da 5 mm circa, in modo che non si distacchino quando li ‘pettineremo’ allargandoli e rendendoli così più realistici, se gli steli restassero ancora parzialmente uniti fra loro, si rimedia piegandoli leggermente con le dita.

Se un prato verde è meraviglioso quando è incontaminato, una basetta od una scenetta con un prato sarà monotono se mancassero piccoli rilievi, qualche elemento verticale – se non di vegetazione, almeno una staccionata od un segnale. Staccionate si possono preparare agevolmente usando del legno di balsa, tagliato a strisce incollate fra loro con colla vinilica e poi fissate al terreno con del cianoacrilato, un eventuale cancelletto lo si preparerà con i pilastri formati da stuzzicadenti o fiammiferi tagliati ad hoc, coi cardini riprodotti con pezzettini di plasticard fine. Per la verniciatura sarà sufficiente un Terra d’Ombra naturale diluito, schiarito con marrone chiaro e beige. E’ facile simulare un sentiero, se lo spazio lo consente, basta usare dello stucco a delimitare i bordi, verniciandolo e magari chiazzandolo di zone più scure e lucide, le pozzanghere. La strada bianca era una costante sino agli anni ’70 di molte periferie ed era immancabile in campagna, poco più di un nastro polveroso per riprodurre il quale useremo colori chiari ed un pizzico di terra colorata adatta nella tonalità.

La vegetazione desertica è poco più che un assieme di cespugli bassi e rinsecchiti, può essere usato del muschio essiccato, colorato in toni più aridi o degli sterpi ottenuti sfilacciando uno spago ed infilando il mazzetto in un forellino praticato nel terreno della base, riempito con terra colorata e  vinavil, i fili si dipingeranno una volta fissato il cespuglio, stavolta sono più indicati gli acrilici e le tempere. Di più robusta costituzione le piante grasse, ottenibili con dello stucco, da verniciare partendo dal verde scuro nel centro e schiarendo verso i bordi con del verde e del giallo; alcune andranno in toni marrone o giallastri e le più giovani e piccole in verde.

In molte battaglie di carri, gli scontri sono avvenuti in aperta campagna, ma poche volte si vede riprodotto qualcosa di più di un campo con una strada, nonostante la varietà di possibilità che ci si offrono. Ma l’erba non è sempre presente da sola, sul terreno anzi ci possono essere benissimo anche cespugli ed alberi ! Sono molte le soluzioni studiate per creare vegetazione bassa ed alberi realistici. Il primo problema è la struttura di tronco e rami, che si possono ottenere con vari elementi di provenienza naturale, come ad esempio rametti di timo, radici di pomodori od altre piccole piante che possiedono un’adeguata complessità anche nelle minime scale. Anche cardi, erba cappuccina e nasturzi, accuratamente selezionati, fatti seccare e verniciati, si trasformeranno in boscaglie. Per i cespugli può andare bene anche la paglietta di ferro, ‘tirata’ in una sola direzione e poi spruzzata ad aerografo con una miscela di verde oliva e nero o marrone opaco e spolverata con foglioline sintetiche, a colore ancora umido. Un’altra soluzione è quella dei licheni, da colorare con una miscela di verde oliva e giallo, schiariti con giallo ed un pò di beige, in modo che sembrino già i rami di un arbusto. Non si sbaglia mai a far ricorso al muschio, che già si trova in una buona varietà di forme e sfumature, secondo i siti e le stagioni, lo si fissa alla base con colla vinilica applicata alla punta di un pennello senza danneggiarlo, dopo averlo fatto essiccare in maniera naturale; se avesse perso troppo del colore, è comunque verniciabile con tempere fini o con gli acquerelli. In pieno rigoglio, il muschio presenta delle lunghe foglioline, molto realistiche nel caso avessimo bisogno di felci…in miniatura. E’ possibile costruire alberelli di metallo, partendo da un fascio di filo di ferro sottile, che si devono suddividere in altri più piccoli per ottenere rametti distinti, sistema valido ma lungo e pesante nella realizzazione pratica. I tronchi si possono realizzare anche usando come base rami di legno, lunghi e sottili, a mò di supporto. In natura, i tronchetti hanno già una corteccia rugosa e  presentano una gran quantità d’aspetti, che derivano sia dalla specie, dall’età e luogo nel quale crescono, basta scegliere i più plausibili per dimensioni ed andamento, se del caso migliorandoli con opportuni tagli. Per esempio, dei bei rami secchi e contorti si ottengono già dalle ramazze, i loro rametti hanno già l’aspetto di quel che ci serve. Se gli arbusti formassero una siepe, vanno preparati con delle piccole variazioni di volume ed altezza. Ricordiamoci sempre che anche gli elementi naturali andranno verniciati seguendo i toni del diorama, dovendo sembrare "finti ed in scala" senza che si notino contrasti con altri elementi.

Gli alberi con foglie restano tra gli elementi di vegetazione più difficili da riprodurre, perché in pratica si tratta di fare un bonsai secco che però sembri vivo.  Quasi tutti i tronchi d’albero presentano, almeno nelle zone fredde e temperate, una corteccia mediamente rugosa, a parte aceri o platani che hanno superficie più liscia. Il primo tipo può essere costruito su di un elemento di base, ricoperto di stucco, al quale daremo la forma generale lavorando il pezzo con le dita ed usando dell’acqua per spianare i vari grumi del materiale. Poi, useremo uno spazzolino metallico in senso longitudinale, per testurizzare la superficie e farlo corrugare; basta variare leggermente la traiettoria d’ogni passata per avere dei solchi non troppo paralleli, le singole rughe sono delineabili con un bulino, da far agire attorno ai rami, per lo stesso scopo l’operazione si completa con tocchi di lama triangolare. La colorazione dei tronchi va dal grigio scuro o marrone come toni dominanti, le parti alle quali sono applicate lavature di marrone o verde risulteranno più visibili. Buoni risultati li otterremo con la scala Terra d’Ombra naturale e marrone chiaro di almeno due tonalità, applicati a drybrushing passando dallo scuro al chiaro, ultimando con una lavatura di nero molto diluito oppure con colori a dolio verde e terra di Siena bruciata e con una leggera lumeggiatura con una miscela di marrone chiaro e bianco. Un altro tono si ottiene con verde oliva ed ocra, mano di base rifinita con marrone chiaro ed un ultimo tocco, aggiungendo del beige al marrone. Un terzo tono prevede la partenza da un arancione scuro, seguito da una miscela marrone scuro e blu a drybrushing, che faccia trasparire la mano di fondo, poi si finirà con un marrone chiaro, lumeggiando con beige e bianco. La corteccia di betulla ha un colore bianco gessoso, con striature trasversali grigio-verdastre. Per la colorazione, si inizia con una base opaca per tutto il tronco, lasciandola asciugare per almeno 24 ore. Seguiremo con uno strato grigio-verdastro pallido molto diluito; lasciata essiccare bene questa velatura applicheremo un’ultima velatura ma più densa, su bordi e dettagli, sfumando leggermente. Se opteremo per un drybrushing finale, per non sollevare le velature occorreranno altre 24 ore d’attesa. Comunque, non sempre bisogna reinventare qualcosa che esiste già nel nostro giardinetto o vicino casa, tronchetti si possono recuperare un vari luoghi ed il segreto sta nel tagliare rametti più lunghi e sottili da raccordare alle sezioni più grandi – che saranno i veri  e propri tronchi degli alberi da riprodurre. Se le dimensioni lo permetteranno, oltre che con il semplice incollaggio i rametti potranno essere fissati con l’aiuto di una graffetta da puntatrice, preventivamente raddrizzata a formare un pernetto. Fissando gli assiemi di rametti già preparati, ricordiamoci di effettuare fori leggermente più grandi nel tronco di base ed una volta innestato od incollato il rametto, alla base raccordare il tutto con dello stucco, aumentando il realismo dell’intera ramificazione. Stucco o gesso liquido saranno un toccasana se avessimo recuperato delle radici discretamente realistiche ma troppo lisce.  

Per realizzare le foglie si possono usare molti diversi elementi, come spugna tritata, trucioli di sughero, foglie di prezzemolo od origano, parzialmente triturate, che una volta selezionate si fanno cadere "a pioggia" sull’arbusto, cosparso di colla vinilica colorata in marrone. Vi sono limitazioni dovute dalle loro stesse caratteristiche di volume e forma, una soluzione più realistica s’otterrebbe con dei fotoincisi, ma il costo sarebbe insostenibile per tutte le fronde necessarie ad un albero vero e proprio, inoltre data la piattezza insita nel prodotto è un po’ difficile che foglie e fronde appaiano naturali; generalmente le foglie si dovranno curvare una per una od a gruppetti, da un’estremità all’altra e nella nervatura centrale, ci aiuteremo con pinzette e piccoli tubi sui quali appoggiarle ed arrotondarle premendo. Altri prodotti prevedono rametti dalla struttura abbastanza complessa, abbinati a piccoli semi e segatura colorata, con effetti più realistici, perlomeno nel tipo di foglie piccole primaverili od autunnali. Una soluzione più convincente è data dalle confezioni di strisce formate da pilucchi sopra le quali sono incollate foglie stampate su carta plastificata, foglie realizzate molto bene e che formano un assieme molto realistico. Le confezioni prevedono i colori stagionali e varie specie di fogliame ed è facile applicare le strisce su di un ramoscello naturale, che abbia una forma adatta e varie ramificazioni, eliminando qualche diramazione laterale che potrebbe interferire. Le foglie di queste strisce sono però compresse, così è necessario separarle con delle forbicine appuntite, con dei tagli irregolari, evitando un "effetto siepe". Useremo le dita per aprire le foglie ed ammorbidirle perché non rimangano schiacciate, separandole se troppo attaccate le une alle altre. E’ utile, durante questi lavoretti, tenere sottomano un libro sugli alberi per fare riferimento alle forme tipiche d’ogni specie. I cambi stagionali vanno seguiti il più possibile, per la primavera per esempio aggiungeremo qualche tocco di colore ad olio, per riprodurre i fiori in boccio, per l’estate aggiungeremo un po’ d’ocra a temperare il troppo verde, in autunno aggiungeremo ocra e marrone chiaro, mentre in autunno inoltrato anche le foglie più ‘spente’ non saranno mai adatte come le foglie da tè finemente tritate.

Tra i più famosi tipi d’albero nel deserto – perlomeno nelle oasi – la palma è sempre un "must" per i modellisti anche se non è l’unico albero riproducibile. Ne esistono ormai di alcuni tipi già confezionati, col tronco in resina e le foglie fotoincisi, ma non sarebbe male tentare di rifarsene da soli. La palma ha tronco irregolare, ricco di punte che sporgono, la base di solito è più grande, le foglie formano tre strati, il più vecchio marrone-giallastro è l’inferiore, lo strato intermedio di foglie adulte, verde medio, si protende leggermente verso i lati ed in alto e l’ultimo fatto di foglie giovani color verde intenso è rivolto verso l’alto. La sua struttura abbastanza semplice è riproducibile con precisione: il primo elemento è il tronco, modellabile con stucco applicato ad un rametto leggermente curvo. Con una piccola stecca da scultore o con la punta di un vecchio cutter creeremo il tipico disegno a solchi che s’incrociano, formando dei rombi molto piatti. I rami sono corti e rozzi nella fattura, è sufficiente imitarli tagliando delle strisce di plasticard, piegate a caldo e ricoperte di stucco prima d’essere incollate. Le foglie sono ricavabili semplicemente, useremo una lamina d’alluminio sottile, disegnandovi degli ovali – di tre dimensioni - da ritagliare, al loro centro incolleremo con del cianoacrilato del filo di rame sottilissimo, a fare da nervatura. Proseguiremo realizzando numerosi tagli, molto ravvicinati, sugli ovali in alluminio, tagli che arriveranno fino alla nervatura. Occorre molta cura, ma più i tagli saranno ravvicinati e le foglie sembreranno vere. Il tronco si dipinge con tre tonalità di marrone, la prima molto scuro a ricoprirlo interamente la seconda di un marrone chiaro a macchie parziali per le zone più esposte e l’ultima, una miscela di marrone e beige, applicata a drybrushing per lumeggiare. Un altro metodo prevede un primer grigio azzurro e poi una miscela marrone e giallo sabbia, fuso prima dell’asciugatura, in alcune zone, con Terra d’Ombra naturale, per finire a drybrushing una miscela di giallo e bianco, senza esagerare. Per le foglie, si può usare un verde oliva scuro come tinta di base, schiarito con del verde oliva o verde oliva e giallo. Eventuali danni o scheggiature ad un albero possono essere riprodotti con la lama di un vecchio cutter od un punzone. Nei tronchi spezzati resta di solito il legno scheggiato e parte della corteccia, che sporge, s’imitano con sottili strisce di stucco tagliate su misura e con la forma adatta, incollate con colla vinilica. I ceppi degli alberi, quand’è trascorso del tempo dal taglio, diventano di un colore grigiastro chiaro, con zone marroni. Per la loro verniciatura, partiremo da una miscela di blu e marrone, ne risulta un colore abbastanza scuro che andrà schiarito con tinte sempre più chiare date a drybrushing , prima con grigio-azzurro, poi un’ulteriore schiaritura con marrone chiaro, bianco e grigio e per finire beige e grigio. Per un albero secco si parte da una base beige, si aggiunge una lavaggio, specie nelle fessure,  con Terra d’Ombra bruciata e nero molto diluiti e realizzando lumeggiature con beige, bianco ed alcuni tocchi di beige e grigio. Eventuali zone dei nodi si possono trattare con leggere applicazioni di Terra d’Ombra naturale.

Il deserto non è sempre del tutto privo di vita vegetale, nel caso della stentata erba di alcune zone si possono usare le setole di un vecchio pennello da barba, che quasi non richiedono la colorazione successiva e possono essere tagliate in varie altezze e sparse con l’aiuto di colla vinilica. Alcune piante fioriscono nei posti più inadatti, basta un’improvvisa caduta di pioggia ed una zona può trasformarsi in un esotico giardino coloratissimo, che avrà comunque un ciclo vitale di poche settimane.  L’apoteosi invece della vita vegetale è ovviamente la jungla, un tema tra i più suggestivi ma molto laborioso, una vera e propria sfida per il modellista, unica consolazione il non doverla mai fare troppo fitta, altrimenti neanche un piccolo veicolo potrebbe passarvi. Gli alberi saranno copribili con le liane, il miglior materiale per imitarle è il filo di rame, disponibile in vari spessori, che è molto piegabile fino a prendere peculiari forme ed è completabile con rametti o foglie sino a prendere un’apparenza convincente. Per la forma della vegetazione, molto varia, un po’ di familiarità potremo averla studiando le piante di casa, molte di quelle ornamentali provengono infatti da quell’ambiente tropicale. Realizzeremo le foglie con l’aiuto di un punzone, usando della lamina d’alluminio sottile, che è anche tagliabile con forbicine a punta curva, il vero problema è che bisognerà farne mole, di foglie, e molto varie nella forma, almeno una mezza dozzina. Tronchi e liane vanno dipinte in marrone scuro, schiarendo foglie e rampicanti con del verde, per recuperare un pè di tempo ci verrà in aiuto l’aerografo, per sfumare ed alterare leggermente il verde di base delle foglie usando un verde scuro, altri due tipi di verdi ed un giallo chiaro, badando che le foglie rimangano luminose grazie ad una mano di vernice lucida trasparente. Il verde della jungla è quasi brillante, sia per la natura umida dell’ambiente che per le frequenti piogge.

 

3 – Acqua e neve 

Anche se non molto diffusi, per la loro intrinseca difficoltà di realizzazione e la mancanza – fino a pochi anni fa – di un prodotto che desse l’effetto garantito in modo naturale e facile, i terreni che prevedono piccoli corsi d’acqua, specchi d’acqua  o zone paludose restano anch’essi un interessante contesto, specie per un corazzato leggero od un mezzo ruotato.

L’alveo di un torrente è composto di vari elementi, con diversi tipi di ciottoli e materiale alluvionale, radici e tronchi e così via. Lo realizzeremo con del polistirolo ricoperto di gesso o stucco diluito, tracciando quella che sarà la superficie e disegnando i piccoli solchi creati dalla corrente e di vortici con un pennello umido. Le rocce sono piccoli pezzetti di vario materiale, fissato con della colla bi-componente, la vegetazione può essere del semplice muschio pressato nello stucco durante la sua stesura, seguendo il verso della corrente, mentre sulle rive disporremo vegetazione non curata ed erba alta. Il segreto del realismo sta poi nella sua colorazione, badando ad usare toni più chiari e marrone per le sponde (bianco, Terra di Siena e marrone), verdastri e scuri per la parte centrale o per le parti più fonde (bianco e Terra di Siena, giallo ed una punta di blu). Oppure partendo da una base grigio azzurro, la si lavora con blu più scuro e verde oliva, tenendo il blu sulle sponde ed il verde nella striscia al  centro. Lavorando abbastanza in velocità e con il colore diluito si riesce a sfumare molto bene. Saranno attendibili un colore ambrato al letto, segnando lo scorrere della corrente con un colore più scuro sotto alle sponde, la schiuma si può imitare preparando prima le increspature e poi ripassandole a drybrushing con grigio-azzurro mescolato col bianco, come tocco finale alcuni leggeri tocchi di pennello col bianco puro, solo per i punti più alti. 

Per l’acqua ferma, magari in una buca di granata, facciamo in modo che la cavità sia un po’ più alto della base vera e propria. Aggiungiamo i ciottoli e la terra sul fondo, il colore non dovrà essere troppo reale, perché verrà alterato dalla visione attraverso la parte trasparente. Per le alghe, basta usare un pò di cotone idrofilo, imbevuto in una soluzione d’acqua con il 5 % di colla vinilica, sono gruppetti da fissarsi al fondo con del cianoacrilato, per poi lasciare che si asciughino e siano pronte per la verniciatura con verde chiaro, schiarito con del giallo chiaro sempre ad olio. Pettineremo i gruppetti di cotone verso l’alto con la punta di uno stuzzicadenti e sagomando meglio le estremità con una forbicina a punte sottili. Le eventuali pietre sporgenti saranno verniciate con del trasparente lucido, per farle sembrare bagnate dagli spruzzi. Per le piccole superfici, si possono usare dei piccoli strati di colla epossidica, oppure un composto di medium lucido e gel acrilico,una volta asciutti questi divengono trasparenti. Un metodo efficace per simulare poi l’acqua su più grandi superfici è colare in un’unica soluzione della resina epossidica nella cavità. Questo tipo di resina è atossico ed inodore, si mescola facilmente in parti uguali col suo elemento indurente, producendo dopo qualche minuto un liquido limpido, che asciuga in 12 o 24 ore, colorabile con poche gocce di un colore ad acqua e che rimane inattaccabile dal altri prodotti. Ancora dopo 30-40 minuti o poche ore dalla sua colatura, questa resina rimane abbastanza fluida da permettere di posizionarvi al suo interno rametti, vegetazione, sassolini od oggetti vari e di colorarla se volessimo applicare effetti di fanghiglia. Per un credibile effetto di profondità, invece, conviene colarla a più strati sottili – 2 o 3 mm - , fatti  asciugare e tinti in tonalità via via più chiara verso l’alto, sino a giungere all’ultimo strato, da lasciarsi completamente trasparente. Per ottenere degli strati più uniformi, tiriamoli con un vecchio pennello od incliniamo la base, per avere al contrario delle increspature soffieremo sullo strato finale con un phon finchè non si asciugheranno. Ogni strato va protetto, mentre dura la sua essiccazione, per evitare che s’impolveri, rovinando tutto l’effetto.

Con la comparsa dei vari tipi di "acqua" in granuli, ci si offrono molte nuove possibilità, arrivando ad un notevole realismo. Unico problema sembra poter essere quello del calore conseguente alla preparazione, ma con un pò ci cautela, costruendo i bordi con materiale insensibile al calore e con una superficie d trattare asciutta e senza fori o cavità aperte, supereremo anche questo. Verseremo i granuli in un recipiente pulito ed asciutto, cercando di non sprecare troppo materiale, poi porremo il contenitore su una fonte di calore – sono sufficienti 40° ed i granuli si scioglieranno velocemente, usando i guanti ed un utensile metallico rimescoleremo lentamente il prodotto, che si scioglierà così per intero. Appena avvenuta la liquefazione, verseremo il prodotto sull’area predisposta – nella maggior parte dei casi lo spessore sufficiente è sui 3 o 4 mm, se si solidificasse troppo velocemente si può effettuare un nuovo passaggio di riscaldamento. Per eliminare eventuali bolle d’aria od appiattire – fondendone i margini -  qualche screpolatura, si potrà usare un phon, facendolo muovere di continuo a circa 15 cm dalla superficie. Sempre col phon, si possono aggiungere increspature, nel caso di persone o mezzi che avanzano, tenendolo ad una certa angolazione. Finezze come i cerchi causati dai pesci sono riproducibili con un compasso a due punte, dopo ave effettuato l’incisione si dovrà ammorbidire la zona agendo col phon. Se avessimo intenzione di inserire oggetti o rametti, vegetazione od altro, se devono apparire sul fondo basterà incollarli allo stesso, se devono galleggiare basta semplicemente appoggiarli sul fondo, verranno inglobati ma spostati in superficie quando coleremo il prodotto. Tra le poche controindicazioni, col tempo le superfici, se abbastanza ampie, attirano la polvere.  Anche in questo caso, molto del realismo sarà dato dalla colorazione, con tinte verde chiaro, verde scuro, Terra di Siena bruciata e bianco, con dominanti più verdastre o marrone, secondo la limpidezza che ci servirà. Un corso d’acqua senza un ponte è meno interessante, ma un rosso ponte diventerà facilmente un vero e proprio rompicapo; un ponte più alla nostra portata potrebbe essere invece un ponticello di campagna, di ridotte dimensioni, costruibile solo con pezzi di legno da navimodellisti.

Per molti teatri operativi, non solo per il fronte russo o le Ardenne nel 1944-45, le superfici innevate furono presenti per alcuni mesi l’anno, in un periodo nel quale gli inverni potevano essere veramente crudi e non c’era il riscaldamento globale. La sua preparazione dovrà essere anche molto curata, perché la neve è leggermente brillante e semilucida alla vista, perlomeno quando è caduta da poco. Inoltre si deve lavorare un po’ di più ad ambientare un mezzo in ambiente invernale. Prima di tutto, bisogna pensare a quanto tempo prima si intende far risalire l’ultima nevicata, perché l’aspetto del terreno può cambiare notevolmente col passare del tempo. Se appena nevicato, tutto è più semplice e più bianco, ma anche più monotono ed uniforme. Passando il tempo, in alcuni punti la neve non sarà più così candida e comparirà neve sporca, meno attraente ma senz’altro più realistica. Genericamente, il segreto di una buona riuscita è che il terreno va preparato già tenendo conto dello spessore del manto nevoso. Uno leggero, si suppone caduto da pochissimo, è un colore bianco spruzzato da bomboletta – quella classica di neve da presepi, da circa 20 cm, un po’ di sbieco ma in un’unica direzione per dare così l’idea della neve portata dal vento. L’aspetto sarà probabilmente ancora un pò opaco, ma una successiva passata di fissativo trasparente per colori ad olio renderà  la spruzzata più brillante, come fosse neve fresca. La copertura di neve sarà realistica se sarà non troppo uniforme sul terreno e sulla vegetazione, ma più accumulata su ogni oggetto che si elevi in verticale dal piano della base, fosse solo il mezzo od elementi dell’ambientazione. Se ne avessimo usata troppa, ottenendo l’effetto di una torta gelato, niente paura, con un vecchio pennello intinto nella benzina avio otterremo uno scioglimento realistico delle piccole masse, dosando l’intervento di punta per le colature o picchiettando per le zone più scoperte. Facciamo pure qualche prova su pezzi di plasticard, per farci la mano.

Una "neve" realistica, che non si altera nel tempo, si può riprodurla con della polvere di cristalli di quarzo (silice), reperibile nei negozi di Belle Arti in densità diverse, da spargere su colla vinilica. Ma un’alternativa economica e che non presenta pericoli per la nostra salute è il banale bicarbonato, sparso sul terreno a più strati, fino ad averne un quantitativo discreto. Ovviamente lo si fa a terreno preparato a puntino, favorendo l’accumularsi in alcuni punti con degli strati di stucco, i sentieri dovranno risultare un po’ incassati rispetto alle zone circostanti, elementi verticali – come steccati, pali o tronchi – dovranno essere più incassati nella superficie e dovranno essere preparate tracce di cingolo o ruota ed eventuali orme di soldati. Su elementi verticali il bicarbonato sarà portato con l’aiuto di un vecchio pennello da far scorrere sulla cime di essi.  Per le vegetazione, i rami più grandi andranno ricoperti parzialmente, per i più piccoli bastano grumi di materiale nella parte superiore. L’effetto finale si dovrà però molto anche alla colorazione del terreno sottostante alla coltre di bicarbonato. Useremo una miscela di nero opaco, verde oliva scuro e marrone, che daranno un bel contrasto, daremo risalto ad eventuali rocce con grigio e marrone molto diluiti, mentre dentro crepe e scanalature faremo scorrere un pò di bianco, al contrario negli incavi applicheremo marrone scuro e blu. La tinta di base può essere anche una miscela di blu, marrone scuro e Terra d’Ombra bruciata, con lumeggiature ocra, grigio e bianco, rifiniremo con un lavaggio di Terra di Siena bruciata e nero. Per i più grossi cumuli, si può avere un effetto profondità con dei tocchi di grigio e grigio-blu, per la neve macerata, specie nei solchi e nelle impronte,  grigio chiaro con sfumature marrone chiaro.

Una superficie ghiacciata si ottiene con pezzi di spessa plastica traslucida, applicata per prima incavandola nel terreno magari con cumuli di neve sistemati attorno al bordo. Coloreremo la lastra qua e la con leggeri tocchi grigio-blu, ammorbidendo i toni subito con vernice opaca. Si potrà usare anche la solita resina di cui sopra, opacizzata con una goccia di colore bianco e colata in una o più  incavature, il fondo andrà rifinito in azzurro per simulare lo spessore del ghiaccio. Su alcune zone si potrà anche disporre qualche piccolo cumulo di neve fresca. Ghiaccio in scioglimento si avrà usando un foglio di plasticard ritagliato a bordi ondulati, eventuali ghiaccioli sugli alberi si fanno, semplicemente, mettendo una goccia di colla vinilica nella parte inferiore di un piccolo listello di legno, lasciando asciugare per un quarto d’ora ed applicando poi una goccia di colla per plastica su quella vinilica solidificata e lasciando colare a mò di stalattite. Staccheremo i ghiaccioli dal legnetto, cerando di non danneggiarli, per incollarli poi ai rami con cianoacrilato; per renderli ancora più realistici si potrà applicare della vernice lucida.

 

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