PANTHERTURM  IN  ITALIA   1944

 

di Andrea e Antonio TALLILLO e la partecipazione di Lauro BONFA' 

Leggendo i vari libri, vecchi e nuovi, disponibili sulla campagna d’Italia, si rimane colpiti dall’applicazione da manuale di un tipo di difesa elastica sviluppato dai reparti tedeschi. Le fortificazioni campali tedesche, anche se meno potenti in sé di quel che siamo abituati a pensare, ebbero una loro indubbia efficacia, che accresceva quella delle scarse risorse di uomini e mezzi a disposizione. Con esse si riuscì, pur subendo a lungo andare l’iniziativa strategica alleata, ad impedire per lungo tempo lo sfruttamento delle opportunità che ad essa man mano si offrivano.

In questa tattica difensiva, i centri di resistenza aiutavano ad incanalare e rallentare l’avanzata avversaria, restavano di molto aiuto le caratteristiche orografiche di gran parte della nostra penisola da Salerno alla val padana. La più famosa ed articolata linea difensiva fu la Linea Gotica (o Linea Verde n. 1), che si snodava per 320 km, ed in alcuni punti con una profondità di 30 km. La sua costruzione, iniziata nell’autunno del 1943, contemplava postazioni di vari tipi, da quelle per cannoni controcarro alle semplici buche per fanteria, ma nei punti più importanti era presente un tipo di postazione veramente unico ed innovativo tra quelle viste nella seconda guerra mondiale, ovvero la OT – Stahlunterstand D (OT stava per Organisation Todt) che per comodità d’ora in poi chiameremo Pantherturm.

A metà agosto del 1943, l’ordine di creare una lunga linea difensiva sul fronte orientale fece nascere, data l’urgenza, la proposta di usare dei bunkers metallici prefabbricati, dove non fosse possibile costruire i classici bunkers in cemento armato. L’uso di costruzioni standard avrebbe permesso di accelerare l’organizzazione delle difese, ottimizzando anche i calcoli dei materiali necessari ed i tempi. Il progetto fu elaborato sino a tutto il novembre dello stesso anno, quando ne cominciò la produzione.

Si trattava di un mini-bunker a due livelli, in pratica composto da due parallelepipedi metallici, quello superiore (Tavola 1, particolare 1 per il lato più corto e particolare 2 per quello più lungo) più piccolo di quello inferiore, prefabbricati, con riserve interne di cibo e granate, un motore ausiliario a benzina per il generatore da 600 W per l’impianto elettrico, una stufetta, tre cuccette e cosi’ via.

Il complesso, dotato di due entrate, veniva interrato sino a circa 25 cm dal livello del suolo e la terra di riporto gli veniva disposta attorno, se possibile in una rampa abbastanza ampia. Dal vano inferiore partiva il collegamento ad un camino (particolare 3) per l’aerazione e per disperdere i fumi di sparo, che dovevano essere cospicui e che nel caso delle torrette appositamente preparate per questo utilizzo, mancanti del ventilatore, non era possibile evacuare altrimenti . In caso d’allarme, il camino era ribaltabile, per facilitare il brandeggio della torretta. La piastra superiore incorporava la cremagliera per una torretta di Panther, notoriamente uno dei più potenti carri dell’arsenale tedesco; ben protetta ed armata con un cannone in grado di perforare 111 mm ad 1 km, essa poteva rappresentare un pericoloso ostacolo per i corazzati alleati, specie se ben mimetizzata e con un equipaggio motivato, capace di far fuoco all’ultimo momento. In genere le torrette erano quelle della versione A del carro, riconoscibili per la cupola del capocarro a 7 iposcopi e con la rotaia per il supporto della mitragliatrice antiaerea, ma nell’estate del 1944 vennero anche usate almeno quattro torrette di Panter danneggiati, nell’autunno fu adottata una versione ideata appositamente (caso unico nella pur vasta gamma delle produzioni del periodo) con scudatura del cannone ‘stretta’(particolare 4),  cielo più spesso (particolare 5)  e cupola molto meno percettibile, con periscopio nel portello (particolare 6).

La sistemazione ottimale della struttura prefabbricata, che presumeva però un discreto lasso di tempo, a disposizione, prevedeva anche una stretta trincea, ben inclinata e coperta con tronchi e terra che la metteva in contatto con l’esterno, rendendo più facile l’avvicendamento del personale, il rifornimento e l’eventuale sgombero. La zona antistante, sempre se c’era tempo, veniva completata con reticolati, postazioni per mitragliatrice, del tipo Tobruk, prefabbricate in cemento, e posti di osservazione.  

Le postazioni venivano assemblate dalla Demag , in un primo tempo si pianificò di produrne almeno 30 al mese dalla fine del 1943, ma già a fine gennaio 1944 ci si risolse per un più realistico obiettivo di 15 torrette mensili, per un totale di poco più di 143 sino a fine marzo 1945. Le ultime fasi della preparazione prevedevano il rivestire internamente in legno l’interno del vano equipaggio, l’installazione degli interni completi, il fissaggio definitivo tra le due parti inferiore-superiore e strano ma vero, anche la risistemazione dei cardini del portello d’uscita inferiore se montati non correttamente.

Sul fronte italiano, risulterebbero arrivate 18 torrette in un primo tempo, seguite da altre 26. Le prime erano arrivate, a fine 1943, per essere installate sulla costa tirrenica, in funzione antisbarco e sulla ‘Linea Senger’. A fine agosto 1944, una relazione ufficiale fa capire che il totale delle Panterthurm efficienti non fosse superiore alle 10 – 15. Mentre, anche grazie a segnalazioni della Resistenza, qualcuna era stata già individuata e messa fuori combattimento, altre, disposte in punti particolarmente favorevoli, si erano già rivelate degli ossi duri. Tra il 22 ed il 23 maggio 1944, per esempio, la 25 a brigata carri inglese, con carri Churchill da 40 tonnellate, fu impegnata nello sfondamento della Linea Hitler, appoggiando reparti canadesi. Nel settore tra Aquino e Pontecorvo, 142 carri dovettero ben presto scambiare colpi con le difese, ancora attive nonostante il pesante bombardamento preliminare. Al cader della notte il fuoco tedesco era stato soppresso, la linea spezzata e la strada per Roma aperta, anche se al costo di una cinquantina di carri alleati. Le Pantherturm avevano richiesto un pedaggio alto, anche se alcune erano state abbandonate o rese inoffensive in modo relativamente facile. Quelle della costa tirrenica invece, a quanto pare, non abbastanza, e furono sabotate dagli equipaggi prima dell’arrivo di reparti americani. Le ultime, in genere abbandonate per mancanza di munizioni o perché rimaste troppo staccate dai reparti d’appoggio, furono trovate nella valle del Serchio a sud-est di Bologna ed in riva al Po, queste ultime appena arrivate ed ancora da montare.

Gli svantaggi restavano quelli del gran consumo di metallo che implicava la loro costruzione – quasi 33 tonnellate l’uno -, l’impossibilità di montarvi radio senza portare via prezioso spazio, il trasporto e la sistemazione non sempre agevoli

Dal punto di vista della gestione, all’inizio gli equipaggi erano misti per  le prime due compagnie e forse con poca coesione – questo può forse spiegare la presa di alcune torrette senza colpo ferire – tranne quelli tratti da reparti anticarro dei paracadutisti. La 1^ era dislocata sul bordo orientale della Linea Gotica, tra Rimini e Pesaro, la 2^, nata sul campo a fine luglio 1944, dall’altra parte, tra Porretta ed il passo della Futa. Dall’autunno 1944 l’incombenza passò a veri e propri reparti specifici, le Festungskompanien 1209 e 1210, dipendenti direttamente dallo Stato Maggiore. Poco tempo dopo, nacque la necessità di organizzare meglio le difese sul confine orientale italiano e della Linea Blu nel settore Schio – Bassano – Belluno, così tutti i reparti di questo tipo gravitarono ad est, le prime due con comandi a Vittorio Veneto e le altre due in Slovenia. Appena finita la guerra, la “fame” di materiale metallico fece recuperare tutti i Pantherturm…. a forza di dinamite, è escluso che da noi, facendo qualche scavo, si possa trovarne una, come invece è successo in Polonia anche se del tipo col basamento costruito in grossi tronchi.  

 

Il kit in 1/35 e la sua realizzazione

Pur essendo disponibile già una discreta documentazione, è stata solo l’uscita dell’ottima fatica di Daniele Guglielmi che ci ha dato lo spunto per la realizzazione del particolare fortino costituito dalla torretta di Panther . Più di recente, l’ottimo testo della serie Panzertracts ad esse dedicato svela molti dettagli e si può considerare l’opera definitiva o quasi sul tema. Qualche anno fa, alcune ditte (TV Model, Kirin) si erano già cimentate in resina, ma non erano kits molto reperibili ed in più non corretti in alcuni dettagli. Poco tempo fa, un nuovo Produttore, che si appresta a diventare il novello Verlinden, ha sfornato ben due kits riguardanti la Pantherturm. Quello MIG Production numero 013 riproduce anche la parte superiore del bunker sopraccitato ed è perfettamente adatto al teatro d’operazioni italiano. Il kit in è un’occasione in più per cimentarci con una semplice scenetta od un diorama vero e proprio, almeno impareremo qualche nuovo trucchetto per riprodurre il terreno un po’ più realisticamente del solito.

Tornando al kit, esso si presenta confezionato in una scatola ben decorata, che al suo interno,  oltre ai pochi pezzi necessari presenta anche delle istruzioni a colori, utili per la verniciatura ed il completamento del soggetto e che riportano anche le copertine dei libri fondamentali per documentarsi…una volta tanto  una cosa veramente incoraggiante ! Oltre alla cinque facce della parte superiore del bunker metallico, il pezzo forte è la torretta, del tipo costruito appositamente (Ostwallturm), fornita di canna in metallo tornito e  a parte troviamo anche il portello superiore ed i ganci di sollevamento.

Grandi problematiche non ce ne sono, confrontando i pezzi con i più accurati disegni in scala disponibili, il bunker risulta essere un po’ lungo. Già dal montaggio a secco si nota che il peso della torretta, piena, avrebbe piegato il cielo, inoltre l’idea che avevamo per l’ambientazione presupponeva un bunker posizionato, ma solo parzialmente interrato. Per fare questo, si può abbassare di circa la metà le piastre laterali del bunker, aiutandosi con una matita ed una squadra ed incidendo poi il segno con un coltellino Olfa, procedendo poi al taglio vero e proprio con una lama circolare montata su trapanino. Pareggiate le quattro piastre laterali perché siano più incollabili sulla basetta, quindi si incollano tra di loro ed al cielo con l’aiuto del cianoacrilato; se il cielo fosse eventualmente un po’ svergolato, con la colla bicomponente si potranno inserire dall’interno dei rinforzi o del plasticard abbastanza spesso, tagliato ad hoc. Al blocco ottenuto aggiungeremo i ganci di sollevamento (particolare 7), le flange orizzontali d’irrobustimento (particolare 8) da autocostruire e quelle verticali per il fissaggio (particolare 9). Dopo 24 ore, si può applicare una passata leggera di stucco per rendere l’idea delle scabre superfici di metallo.

La fase successiva riguarda il pezzo forte del kit,  ovvero la torretta. Ad essa mancano pochi dettagli, come la saldatura attorno alle piastre supplementari del cielo (particolare 10) e quella tra esse (particolare 11), nonché quella attorno ai ganci di sollevamento (particolare 12). Per la cupola, bastano il segno della saldatura (particolare 13) e magari andremo a dettagliare la copertura del periscopio (particolare 14), esso era simile a quello del conducente della versione G del carro standard. Proseguiremo con l’aggiunta dei bulloni dell’installazione interna della postazione per difesa vicina (particolare 15); la maniglia vicina (particolare 16) e quella del portello posteriore (particolare 17), entrambe da rifare usando dello sprue filato a caldo o del filo di rame di spessore adeguato. Infine, va applicato il mirino a lama posteriore (particolare 18) al segno della sua base che è già stampato. Ricordiamoci che, sebbene le aperture per il cannocchiale di puntamento fossero ancora due, si usava il monoculare TZF 12A, e così quella di sinistra era tappata (particolare 19). Sulla scudatura del kit sono presenti delle strisce antischegge saldate in corrispondenza delle aperture per il cannocchiale e della mitragliatrice coassiale, le abbiamo conservate per praticità ma non erano presenti proprio su tutte le torrette. La canna del cannone purtroppo ha un innesto fragile, che la renderebbe “moscia” senza speranza, è però facile intervenire, forando con una fresetta la base della canna ed inserendovi un perno metallico da far passare fino alla torretta stessa tramite un foro praticato nella scudatura. Buon elemento, per aggiungere un po’ di realismo, la rete mimetica, spesso drappeggiata sulla lunga – e ben visibile – canna : dall’esame di qualche fotografia sembrano apprezzate quelle italiane, con i ciuffetti di erba (particolare 20). Anche le piastre di torretta si possono rendere più corrugate, stendendo una leggera mano di stucco Tamiya, che ha il vantaggio di essere abbastanza fluido e di colore grigio – per il cielo e la scudatura si può ricorrere al fidato trapanino e vari tipi di fresette da dentista.

 La scenetta

La basetta è la solita cornice porta-foto di dimensioni che arrivino all’ estensione della canna. Prepariamo, per prima cosa, una sezione di legno truciolato ritagliato come le dimensioni della basetta. Dopo la consueta giornata d’asciugatura, stendiamo un fondo di Das che ci servirà da base per il terreno, dentro di esso inseriremo il bunker senza torretta, lisciando le pareti inferiormente se ci fossero dislivelli, in modo che esse appoggino molto regolarmente alla superficie. L’incollaggio definitivo va fatto con la colla bicomponente, che asciugando in 10 minuti permette l’inserimento di altri piccoli elementi – come sassi ecc. – a ridosso delle pareti. Su questo materiale di riporto va steso del gesso liquido sino ad avere un realistico accumulo attorno ai bordi.

La verniciatura è stata applicata ad aerografo, con una base di rosso minio a smalto per la “scatola” del bunker mentre la torretta andrà in giallo sabbia europeo, dopo almeno un giorno d’asciugatura passeremo agli acrilici, mimetizzando col giallo sabbia europeo ed il verde medio il bunker e col marrone rossiccio, a serpentine sfumate, la torretta, canna compresa. Gli unici contrassegni presenti sono quelli legati all’assemblaggio, trasporto e messa in opera del piccolo bunker, ovvero un segnale triangolare bianco con bordo rosso e scritta nera (particolare 21) posto in genere anteriormente ed i numeri d’immatricolazione, bianchi. Il tipo meno diffuso era a stampatello (particolare 22) con lettera sottostante, quello quasi universale era in carattere cirillico (particolare 23) con lettera sulla stessa riga, portato in alto o più in basso e centralmente (particolare 24). In ogni caso, mentre il numero era uguale per ogni piastra, cambiava la lettera, nella successione ricostruita nel dettaglio (particolare 25).

Per facilitarci il lavoro, la torretta va inserita per ultima, prima aggiungeremo sacchetti di sabbia, bidoni, sassi, casse di legno, assi e filo spinato, rami secchi ecc., usando della colla bicomponente o  vinilica, sigillando gli elementi zona per zona con del gesso liquido. Completeremo il terreno anche inserendo del muschio vero essiccato, già abbastanza realistico di per sé e che miglioreremo di molto lumeggiandolo leggermente con varie tonalità di verde, ad acquerello. Non faremo mancare la solita erba sintetica ed ancora qualche sasso; consultando qualche fotografia di torrette di questo tipo potremo ricavare utili spunti per il terreno circostante, che non è mai piatto come un deserto ma anche non deve avere troppi elementi che ostacolerebbero il campo di tiro, sarà un’utile palestra per le nostre future realizzazioni. Ora si può, a torretta incollata, lumeggiarla con le stesse tonalità che avremo scelto per il terreno, inoltre stavolta sarà d’uopo usare una miscela di vinavil e terra di colorificio o apposite polveri tipo quelle della Tauromodel, miscela da stendere in piccole quantità sul bunker e sulla torretta, per simulare l’accumularsi di terra e fango sia per cause naturali che, forse, per iniziativa diretta dell’equipaggio, come l’esame di qualche fotografia farebbe credere e, com’è plausibile, per mimetizzare meglio una postazione fissa anche dall’alto. Si può tranquillamente cedere alla tentazione di piazzare qualche granata da 75 qua e la, visto che avremo tutti almeno tre o quattro buste o scatolette di marche diverse, che altrimenti languirebbero nei cassetti…stavolta si tratta dei veterani proiettili in metallo bianco della Armour Research, una pioniera in questa campo. Ultimo tocco la presenza di un membro dell’equipaggio, sotto forma di un bel figurino della Corpus ungherese, adattissimo per tenuta e posa alla situazione. Messa in vetrina, la scenetta  è comunque poco banale e  nel suo piccolo ricorda uno scampolo della Campagna d’Italia, ahimè dimenticata da tanti modellisti                                                                                                          

Un altro spunto per la Pantherturm ( ….o meglio un bunker fatto “in casa”)   (di Lauro BONFA')

Nulla vieta che, usando le fotografie e la documentazione reperibili nelle due pubblicazioni citate nel testo dell’articolo, un modellista che si trovi con una vecchia torretta in casa possa riprodursi la più comune versione di Panterthurm, col bunker interrato. Avendo in cantina una torretta dal kit di Panter A dell’Italeri, avanzata da una trasformazione, è stato facile realizzare una scenetta che possa dare l’idea della tenace determinazione dei reparti tedeschi che frenò per quasi due anni quelli Alleati, che si trovarono di volta in volta bloccati da linee sapientemente costruite e difese.

La base della scenetta è costituita da una tavoletta di legno sulla quale ho applicato il terreno, ottenuto con una miscela di terriccio e Das. Con un  quadrato di plasticard abbastanza spesso si simula il tetto del bunker interrato. La torretta stessa non ha bisogno di particolari modifiche, perché alla fine, dopo averla dipinta con l’aerografo in color giallo sabbia l’ho rivestita con la rete mimetica in dotazione, ricavata da una reticella ricavata da una confezione di limoni a trama fine. Il soldato appoggiato alla torretta, in posa rilassata, è un soggetto Tamiya proveniente dalla banca dei pezzi.

   

SCHEDA  TECNICA
Equipaggio : 3 uomini + 6 ospitabili all’interno
Peso totale (con torretta) : 41.8 tonnellate
Dimensioni :
Spessori piastre . 80 mm lati (sopra) e 70 (sotto) – 40 (fondo) – 100 mm (cielo) – 50 mm (pareti interne)
Riserva munizioni : 175 granate e 4500 cartucce
Brandeggio : - 8 + 18 (manuale, con volantino)
 
 
BIBLIOGRAFIA
-         Panzer in Italy – (D. Guglielmi) – Publimodel
-         Tech Intell – Volume 1 – Darlington Productions
-         Ground Power n. 009 – Delta Publisghing
-         Panzer tracts etc

               

                               

               

 

GALLERIA