STURMGESHUTZ  III  ..... in bianco

di Andrea e Antonio Tallillo

 

Nella primavera del 1942, entrò in servizio il primo Stug III con cannone a canna lunga, in grado di affrontare anche a grandi distanze i carri sovietici. Ben presto, fu disponibile l’ancora più potente 75/48 e si provvide a montarlo senza troppe modifiche sulla sovrastruttura dello Ausf. F, ormai collaudato e comunque più protetto della media dei Panzer e Panzerjagers allora in servizio.
Fu necessario migliorare lo scafo, con la versione J ne era stato introdotto uno perfezionato che aveva le piastre laterali estese in avanti con occhini di traino incorporati. La parte posteriore era più lunga di 14 cm, con presa d’aria inferiore ingrandita, la ventilazione del vano motore era migliorata anche grazie al cofano motore ridisegnato, con nuovi portelloni e prese d’aria ingrandite e meglio protette. La sovrastruttura presentava le piastre anteriori inclinate diversamente dai tipi precedenti, con spazi interni più sfruttabili per caricarvi granate, aumentando così la dotazione standard. La postazione del cannocchiale per il cannone era leggermente modificata.
La produzione cominciò nel settembre 1942 alla Alkett, senza soluzione di continuità rispetto alla versione precedente; quasi subito, già in catena di montaggio, si applicarono corazze aggiuntive da 30 mm sulle piastre frontali dello scafo e della sovrastruttura. Non fu una versione molto significativa, con soli 205 esemplari completati sino al dicembre dello stesso anno, ma costituisce la premessa al molto famoso Ausf. G. Una parte della produzione, dal novembre, fu realizzata su scafi ‘riciclati’ di Panzer III Ausf. L, riconoscibili a prima vista per i portelli di prua singoli e senza cerniere. Il crescere di numero delle brigate di cannoni d’assalto costituite ne incamerò un buon numero ed il nuovo Stug III fu usato prevalentemente sul fronte orientale, con più che buoni risultati anche se non poteva sostituire in tutto i panzer, almeno in campo aperto.
Le battaglie d’attrito del 1943 consumarono velocemente i non molti F/8, che nella prima parte dell’anno successivo furono in servizio anche in Italia e Francia.
 
Il kit in scala 1/35
Finalmente, da qualche tempo, esiste un modello anche di questa meno conosciuta versione “ canna lunga”, prodotto dalla Revell, il kit si presenta come un miglioramento di quello Dragon, ne sfrutta le stampate e presenta corazze supplementari, nonché un set di cingoli maglia per maglia.
Un buon terzo dei pezzi si rivela in più ed è una vera manna per la nostra riserva, però attenzione, occorre avere un’idea precisa, le istruzioni non ci aiutano molto in tal senso. E’ consigliabile controllare bene prima di eliminarne qualcuno, per evitare possibili contrattempi.
Comunque, il kit si presenta con dimensioni precise ed una buona resa dei particolari, in genere i dettagli sono nitidi e non c’è quasi nessuna necessità di ricorrere allo stucco. L’unione dei pezzi è più precisa per quelli che compongono  lo scafo, la plastica è un po’ morbida e la colla normale tende a scioglierla un po’ troppo, in più le parti più lunghe potrebbero svergolarsi.
Un’incongruenza è la ricomparsa di un sistema di posizionamento degli attrezzi obsoleto, sui parafanghi sono presenti le loro sagome in rilievo, il che ci darà del lavoro in più per eliminarli cercando di non rovinare il bel dettaglio dei parafanghi.
Pur non toccando le vette dello Stug III Ausf. G Tamiya, il kit resta una buona replica, con poche correzioni di rilievo. La documentazione ora non manca, ed in genere essa tratta pure le versioni precedenti e successive, restando sempre un buon investimento.
Attenzione : due esemplari presentati, quelli numerati 178 e 191, erano in realtà degli Ausf. F.
Chi può affrontare la spesa, potrà facilmente completare il kit scegliendo quello che più gli confà nella miriade di accessori dedicati al Panzer III e derivati, la cui lista porterebbe via un bel po’ di spazio.
 
Realizzazione del modello
Entriamo ora nel vivo, scegliendo la versione con le piastre addizionali imbullonate su scafo e sovrastruttura. Lo scafo presenta ben poche correzioni da farsi nel treno di rotolamento e del resto, come vedremo, avendo scelto un esemplare invernale, ruote e cingoli saranno abbastanza coperti dalla neve, fango ecc.. Dallo scafo (Tav. 1 – Particolare 1) eliminiamo la piastra anteriore da 30 mm e sostituiamola con del plasticard che simuli i 50 mm della piastra di base. Eliminare anche la piastra orizzontale (2) coi due portelli unici, peculiare degli scafi Ausf. L, sostituendola con l’analoga parte a portelli doppi di un Panzer III. Con un buon seghetto, facendo attenzione a non tranciare od indebolire eccessivamente le parti, il lavoro risulterà accurato ed avremo delle ottime giunzioni con il minimo di stuccature. Per tenere la piastra a filo dei parafanghi e di quella inclinata, incolleremo inferiormente dei pezzi di sprue o plasticard. Quando monteremo la sovrastruttura sostituiremo il pezzo E 30 con una striscia paraschegge, ed il pezzo I 35 va aggiunto per ultimo.
Passando alla parte posteriore dello scafo, la zona è da rendere più realistica, riproducendo le saldature fra le piastre lungo i bordi (3), c’è inoltre da recuperare un elemento quadrangolare da un kit di Panzer III, per sostituirlo al pezzo F 33 (4). Sulla piastra inclinata posteriore (5) aggiungeremo i bulloni che trattenevano centralmente il contenitore interno dei fumogeni. Le piastre deflettrici (pezzi F38/40 e 51/52) non le abbiamo montate, sono troppo spesse e comunque sostituibili con qualche elemento fotoinciso. La parte anteriore della sovrastruttura (6) va più o meno montata come da istruzioni, tranne che per il dover diminuire lo spessore delle parti E26/27, piazzare una una striscia ad hoc (A) sotto, diminuire lo spessore delle parti prima d’incollarle (B), riquadrare meglio la parte centrale rimovibile della piastra dietro al conducente (C) ed allargare un po’ l’apertura della feritoia del cannocchiale (D). L’apertura essendo diversa rispetto a quella della versione precedente, va tolta e riposizionata la striscia paraschegge (7) con le sue saldature, e vanno aggiunti gli attacchi (8) ai quali veniva fissata la gabbia di protezione del cannocchiale usata nei primi tempi di servizio. Era veramente poco pratica e fu rimpiazzata da un telino per le intemperie, fissato ai suoi attacchi. Dopo una prova a secco, monteremo la sovrastruttura, applicando alla piastra di base la striscia paraschegge in basso (9) e le piastre aggiuntive (10), che avremo cura di fresare lungo i bordi visibili per dare l’idea del metodo del taglio, che visto in realtà è abbastanza crudo.
Il kit ora sarebbe più o meno pronto, ma bisogna considerare che le piastre, se non sono imbullonate sono saldate, perciò le saldature, poco evidenti o mancanti, vanno messe a posto. Un sistema lungo ma di sicuro risultato è incollare fili di sprue stirato a caldo ripassato col pirografo. Per il loro corretto posizionamento, dovrebbero essere sufficienti le indicazioni presenti sulla Tavola 1, le fotografie del modello costruito e la consultazione di fotografie del mezzo vero, sempre utili per identificare anche particolari che potrebbero sfuggirci. Per evitare eventuali errori d’impostazione, basta prepararsi una discreta riserva di pezzetti di sprue e procedere con calma, se proprio sbagliassimo niente paura, puliremo la superficie con alcool, ricominciando ad attaccare un nuovo pezzetto.
Partiamo dalla prua, dove le saldature sono presenti attorno alla piastra principale ed a quella inclinata inferiore (11). Nel dettaglio (12) si possono notare quelle della piastra dei portelli dei freni (A), quelle della parte anteriore della sovrastruttura compresa quella interna (B), inoltre è da aumentarsi quella attorno al visore del pilota (C) e rifare meglio l’incastro della piastra che faceva da paratia principale (D). Anche i contenitori laterali (13) vanno trattati con lo stesso sistema, per il cielo della sovrastruttura ci sono quelle attorno alla zona sopraelevata ed alla base dell’estrattore di fumo (14). Si prosegue attorno al cofano motore (15) ed alle prese d’aria laterali (16) e con il riprodurre sul pezzo C22 l’incastro a coda di rondine (17). Anche la scudatura del cannone era fatta di piastre saldate (18), a sua volta era saldata alla piastra verticale (19) e da essa sporgeva, saldata, la prima parte della protezione della canna (20). I parafanghi degli scafi di Panzer III erano posizionati, per liberare la corsa superiore del cingolo, sopra la giunzione coi sotto–insiemi della sovrastruttura e del cofano motore. Il risultato è il caratteristico spazio interno, che dava accesso ai bulloni d’unione. Quelli del kit (21), del tipo accorciato e semplificato, vanno bene, c’è solo da separare meglio le diverse sezioni (A), aggiungere realismo all’innesto dei supporti cilindrici (B) ed aggiungere, realizzando con striscette di carta, il bordo esterno ribattuto (C).
Il supporto per il Norek anteriore (22) può essere rifatto usando striscette di plasticard, incollate con cura e munite di bulloni. Quella specie di ‘tubo’ orizzontale presente sulla parte posteriore del parafango sinistro è la versione finale dell’elemento Notek posteriore (23).
Sul caricamento attrezzi  non ci dilunghiamo, per una volta vi rimandiamo alla ponderosa documentazione esistente, per esempio al volume Achtung Panzer n. 5 citato nella bibliografia.
Un elemento non regolamentare ma molto presente era invece una specie di sbarra saldata  al cofano motore posteriore, alla quale veniva fissata una striscia di cingolo ed appoggiate casse e contenitori vari (Tavola 2 – Particolare 24), sarebbe il pezzo E37 del kit ma è meglio rifarlo con del plasticard abbastanza spesso. Su alcuni, erano presenti i portarulli di scorta (25), quelli forniti nel kit sono stampati insieme al pezzo di base, ma è facile reperirli da qualche altro kit.
A proposito di cingoli, quelli in dotazione sono discreti e una volta preparati faranno un gran bell’effetto, per la prima volta in plastica essi sono del particolare tipo conosciuto come Ostketten (26).  Essi avevano placche lunghe circa 16 cm, saldate all’esterno, che riducevano sensibilmente la pressione specifica del mezzo, favorendo buone prestazioni su quasi ogni tipo di terreno, anche su neve o ghiaccio.
Per la colorazione, essendo nell’inverno 1942/1943, la vernice bianca lavabile era fornita in pasta, come per le tinte mimetiche vere e proprie. Spesso si usavano sistemi estemporanei , il risultato era che nessun mezzo era proprio uguale agli altri anche nell’ambito dello stesso reparto, perché la vernice diventava meno stabile del previsto. Il modellista traduce il tutto con un velo bianco più o meno coprente, con la tinta di fondo in trasparenza. In genere venivano lasciati visibili insegne nazionali, stemmi di reparto e numeri tattici, per non doverli ridipingere. Sui mezzi si alternavano zone bianche ancora ben visibili ad altre zone sulle quali il bianco lavabile era quasi sparito, le prime a perderlo erano quelle verticali.
Passando alla pratica, la prima fase è la colorazione di fondo, nel giallo sabbia standard appena introdotto, ancora ben riproducibile con il buon vecchio HP I Humbrol, applicato ad aeropenna.
Per il bianco lavabile abbiamo usato quello opaco della Gunze, applicato sempre ad aeropenna, almeno stavolta non è proprio necessaria una finitura troppo accurata e la si può tenere com’è venuta, per simulare la reale approssimazione dell’effettiva verniciatura. L’importante è che il colore sia abbastanza opaco e dia l’impressione di essere già slavato. L’effetto della vernice sciolta, della neve caduta e del fango portato sul mezzo dall’equipaggio e dalla fanteria d’accompagnamento lo si realizza “lavando” il mezzo con minime quantità di Nero e Terra di Siena ad olio, basterà applicarli sulla vernice bianca perfettamente asciutta, indugiando in taluni punti, i due colori si amalgamano in maniera sempre nuova e molto realistica. Per le zone del carro dove la vernice è meno usurata è sufficiente renderle più “luminose” usando del Bianco di Titanio ad olio, da applicare con delicatezza, con un pennello largo a setole corte, anche senza essere grandi pittori con un po’ di costanza otterremo un aspetto soddisfacente.
Per l’applicazione delle decals, controllando un po’ di foto, è bastato scegliere un mezzo della Lehr Batterie 901, che aveva solo le insegne nazionali sui contenitori laterali e lo stemma del reparto, un mulino a vento giallo dipinto sulla prua a sinistra e sul retro dello scafo.
 
               
 
L’ambientazione
Anch’essa va studiata, pur essendo limitata a ben poche cose, perché il crudo inverno russo voleva dire un terreno quanto mai spoglio, con al massimo mucchietti di neve spostata dal vento e poca altra sciolta. Perciò, sullo strato di Das spalmato, dopo aver fissato alcuni licheni che riproducono cespugli morti, va applicato un po’ per volta del bicarbonato sciolto in un po’ d’acqua.
Otterremo, con questo metodo, neve dall’aspetto fresco, ancora più realistica se avremo l’accortezza di pestare un pezzetto di vetro e mescolare la fine polvere che ne deriverà alla miscela di base,  abbondando nella quantità così da essere pronti  per eventuali correzioni e modifiche, perché il materiale ha un po’ di ritiro. Naturalmente sarà necessario metterne un po’ di più ai bordi della ipotetica pista che stiamo preparando per il  mezzo.
La staccionata è facilmente realizzabile con del legno di balsa, colorato col Terra di Siena Bruciata ad olio, con un pennello a punta sottile, che arriverà in tutti gli angoli. Le superfici si possono ripassare in seguito con un pennello più grande, piatto ed a setole rigide, tirando un colore più chiaro, otterremo delle belle sfumature sul legno, che andranno ad integrare quelle naturali.
Una volta sistemata la staccionata, potremo accumularvi attorno un po’ di neve preparata al momento, da far finire attorno alle parti verticali e, perché no, anche su alcune assi orizzontali; un’indicazione stradale già pronta, proveniente da un vecchio set di Verlinden completa la scena.
Il nostro Stug va ora preparato per il posizionamento sulla basetta, cominceremo a trattare il treno di rotolamento con colori ad olio nelle parti soggette ad usura e perdite di lubrificante e sporcandolo, usando per il fango un colore adatto, comunque non troppo chiaro.
Una volta fissato il modello al terreno, con della colla bi-componente,  accumuliamo sull’intero treno di rotolamento la miscela riproducente la neve, tranne che sulla gomma dei rulli e nelle parti in rilievo delle ruote. Per uniformare tutto e dare meglio l’idea della neve sciolta sul mezzo ma in parte anche sul terreno, viene utile una vernice fissativa lucida usata nel campo delle ‘Belle Arti’, che evita anche il verificarsi di eventuali screpolature del bicarbonato. Si tratta di un prodotto in confezione spray e basta usarla da una distanza media, senza esagerare, per avere l’effetto che ci serve. Se proprio ci fosse scappata un po’ la mano, l’eccesso si puo’ togliere con dell’acquaragia, senza pericolo d’intaccare il colore sottostante.
Per i figurini, sono stati usati due personaggi di diverse marche e con diversi capi di vestiario, per avere cosi’ un realistico contrasto, senza eccessivo impegno. Per quanto riguarda la descrizione del loro completamento vi rimandiamo all’articolo originario di questo articolo pubblicato su Notiziario  n. 03 /04.
 
                                                                                                         
BIBLIOGRAFIA :
-         Sturmgeschutze -. Motorbuch Verlag
-         Achtung Panzer n. 5 – Dai Nippon Kaiga
-         Sturm & Drang n. 2 – Sensha Magazine Co. Ltd.
-         Modeltime n. 51 – Contiene un bel photofile
 

                       

 

GALLERIA